ALCUNE LASTRE E
SCATOLE ORIGINALI
lastre a "gelatina di bromuro d'argento"
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LASTRE
FOTOGRAFICHE ORIGINALI :
1-VITERBO Piazza del duomo anno 1890
2-Dipinto di Pietro Vanni "Giudizio universale" su tela
VITERBO - interno
dell'essiccatoio delle olive nel molino ad olio situato presso Porta
San Pietro
1840-1888. Verso la fotografia
di massa
I
49 anni che vanno dall’ufficializzazione del dagherrotipo da parte
dell’Accademia di Francia all’introduzione della Kodak N.1 nel 1888,
sono fondamentali nell’evoluzione della tecnica della fotografia.
In questo periodo infatti vengono poste le basi dell’industria fotografica
moderna.
Fino a George Eastman, lo sforzo è mirato al miglioramento
dei materiali sensibili. Dal dagherrotipo al collodio umido, il salto
è grande perché la sensibilità dell’emulsione aumenta di dieci volte.
Se il calotipo di Talbot non era in grado di offrire un’immagine perfettamente
nitida, così non fu per il negativo di vetro all’albumina introdotto
nel 1847 da Abel Niépce de Saint-Victor. Nel 1851, un determinante
impulso alla qualità viene offerto da Frederick Scott Archer con la
tecnica del collodio umido. Il procedimento prevede la sensibilizzazione
della lastra poco prima dell’uso, ciò richiedeva però l’esposizione
con la lastra ancora umida. Ma l’alta sensibilità e la definizione
delle lastre al collodio umido, fanno sparire dalla circolazione le
negative di carta e quelle all’albume. Il grande balzo tecnico, però,
è del 1871 quando Richard Leach Maddox, annuncia un sistema per la
produzione delle lastre a secco al bromuro d’argento.
Acquisita la tecnologia per fermare le immagini,
ha inizio la corsa verso il colore. Dopo anni di coloriture a mano
all’anilina, nel 1861 il fisico scozzese James Clerk Maxwell ottiene
la prima immagine a colori visibile solo proiettando contemporaneamente
tre negativi ottenuti attraverso i filtri rosso, verde e blu (oggi
diremmo in RGB). Qualche anno dopo, Louis Ducos du Hauron ottiene
la prima stampa fotografica a colori con la tecnica della tricromia;
du Hauron, al contrario di Maxwell, usa per la ripresa filtri nei
colori complementari stampando, poi, su carta al carbone con pigmenti
dei tre colori primari.
Sono, questi, gli anni di Gaspard-Félix Tournachon,
in arte Nadar. Ma anche della fotografia stereoscopica, dei primi
reportage di guerra, della fondazione di moltissime industrie: Voigtlaender,
Zeiss, Steinheil, Dallmeyer, Agfa, llford, Kodak, Konica, Leitz. L’ottica
fa passi da gigante, tanto che già qualcuno pensa alla scansione dell’immagine:
Paul Nipkow, padre della televisione, che nel 1884 realizza un disco
per la trasmissione delle immagini. Anche l’Italia, benché in condizioni
di arretratezza industriale, ha le sue firme: Michele Cappelli, i
Murer, gli Alinari, l’appassionato Francesco Negri, Carlo Ponti e
tanti altri.
Nel 1888, George Eastman, uomo di frontiera e
capitano d’industria, capisce che il momento è venuto, e lancia la
Kodak N.1. A lui va riconosciuto il merito di aver reso popolare l’uso
della macchina fotografica. Da quel momento non fu più necessario
essere alchimisti per scattare una fotografia. Bastò "premere
il bottone", proprio come ricordava l’astuto slogan pubblicitario.
(da Reflex online - www.reflex.it)
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