L'OSPEDALE DEGLI ARMENI -
(OSPEDALE
SAN SIMONE)
Intorno al 1300 Pietro Capocci
Vescovo di Viterbo concesse a certi monaci Armeni dell’ordine di San
Basilio, di poter costruire una Chiesa e un ospedale nella Piazza
del Palazzo dell’ Imperatore, posta presso le mura della città,
nell’area oggi compresa tra i Monasteri di Santa Rosa e di Santa
Caterina. La Chiesa e l’ospedale furono chiamati con il nome di San
Simone e Giuda, l’ospedale però veniva anche chiamato degli Armeni,
non perché questo accoglieva solamente i pellegrini di questa
nazione ma per i monaci che lo governavano. Il Priorato e l’ Ospizio degli Armeni cadde in abbandono verso il
1434.
Solo nel 1444 un tale di nome Battista
Vanne da Fermo, che era un membro della congregazione dei Gesuiti,
chiese ad Eugenio quarto di concedergli San Simone a lui e alla sua
Congregazione. Assicurando al Pontefice che avrebbero riassestato la
Chiesa e il Monastero, questo accolse tale richiesta con una Bolla
del 16/dicembre/1444 e come Rettore fu incaricato Monsignor Morrerio.
I Gesuiti governarono per ventitre
anni, fino a quando furono chiamati dal Comune per governare la
Chiesa di Santa Maria della Quercia.
Così il San Simone ricadde
nuovamente in abbandono. Ma a quel tempo a Viterbo c’era una
povera congregazione di suore del terzo ordine di San Francesco,
chiamate della penitenza, queste non erano suore di clausura. Costoro desiderosi di approdare nel San Simeone chiesero al
pontefice Sisto quarto il permesso e questo lo concesse.
Così il
26/aprile/ 1479 le Suore andarono nella nuova dimora e furono
accolte con una grande cerimonia da un Commissario Papale. Con la presenza di queste religiose
l’istituto iniziò man mano a perdere il suo squallore e iniziò ad
assumere un aspetto rigoglioso.
Dopo cinque anni, quando avvenne la
morte di Suora Caledonia (che era la superiora), il San Simone era riuscito ad accumulare
una buona fortuna in denaro; ma dopo tre anni dalla morte della
Suora il San Simeone tornò di nuovo in abbandono. Le Suore di Santa Rosa avendo visto
di mal occhio il lussureggiare del San Simeone e avendo paura che
questo poteva riaccadere di nuovo decisero di occuparlo, ma questo
“assalto” non fu ben accolto dal Comune che le fece ricondurre
dentro il loro monastero.
In seguito il San Simone con
l’autorità del Commissario Papale venne tramutato da allora in poi
in un Monastero per Clarisse. Il San Simone cadde sempre più in
rovina e dopo alterne vicende divenne convento di clausura per le
suore della regola di Santa Chiara e come tale giunse fino alla fine
del 1800.
E' singolare che dopo tanti anni il
convento passò all'amministrazione dell'Ospedale Grande e divenne la
parte in cui venivano ricoverati i malati cronici o di lunga degenza
fino agli anni '80 e, fino all'anno 2003, sede del Centro
Trasfusionale, dell'Emodialisi e del Servizio di Anatomia
Patologica.
Attualmente è sede del servizio emergenza 118.
San Simone era un "Ospizio" utilizzato per
pazienti anziani e "cronici", in parte la degenza degli "Ospiti"
veniva pagata dal Comune di provenienza ed in parte era a pagamento.
(Claudia Marucci)
L'Ospedale era così strutturato: a piano
terra, nel lato coperto del chiostro erano situati: La Cappella, la
casa delle suore che gestivano l'Ospedale, il Reparto San Giovanni
con circa 30 posti letto in cui venivano ricoverati pazienti
autosufficienti; nel lato centrale invece si trovava la farmacia
interna, la cucina, la lavanderia e
la sartoria che gestiva tutti i capi di vestiario degli ospiti,
compresa la biancheria intima, le divise dei dipendenti e tutta la
biancheria di stanza (traverse, lenzuola, copriletto, federe
asciugamani etc...) tutta la biancheria veniva cucita all'interno
della sartoria di S. Simone. Il servizio si occupava anche del
rammendo del corredo individuale degli anziani. Nel lato
opposto, a fianco della scalinata che portava al piano superiore, si
trovava la cantina ed il deposito di materiale vario utilizzato (comprese le botti con vino che all'epoca veniva
prodotto in proprio dall'Ente) e formaggi, carne, frutta, verdura,
olio etcc... prodotti dall'azienda ospedaliera che all'epoca era
anche proprietaria di terreni con allevamenti di bestiame e
coltivazioni varie.
Al primo piano, dove venivano ricoverati nella
maggior parte dei casi degenti cronici che avevano problemi di
deambulazione, era situato il Reparto uomini chiamato S.
Antonio con circa 60 posti letto; sullo stesso piano si trovavano
anche i Reparti femminili: S. Margherita e S. Rita con una capienza
totale di circa 100 posti letto. Salendo al secondo piano troviamo
il Reparto uomini, chiamato S. Domenico, in cui erano ricoverati
circa 20 degenti autosufficienti.
Questi
pochi scatti che ho fatto all'interno dell'Ospedale San Simone
risalgono al 1975.